La Pizzica Salentina

STORIA DELLA PIZZICA

Cos’è la Pizzica

È l’espressione tradizionale della danza salentina. Nonostante gli sforzi volti ad individuare le origini di questo ballo al momento non è possibile risalire ad un periodo ben preciso in cui collocarlo. Sicuramente una danza quasi un rito praticato dalla gente più umile, dedita ai lavori più duri che nei momenti di festa si radunava, e ballando e cantando trascorreva le ore per dimenticare le estenuanti fatiche della vita quotidiana. E’ una danza di corteggiamento durante la quale due ballerini si avvicinano ma non si toccano mai. Conduce il ballo la donna, che servendosi di piccole fughe, guizzi, repentine fermate e ripartente, stuzzica l’uomo ad inseguirla, a “braccarla” delicatamente Un leggero sfiorarsi, uno scambio di sguardi più o meno provocatori, una serie di gesti rimarcano il desiderio dell’uomo “di entrare nelle grazie” della donna e quello di lei di essere corteggiata dall’amato al quale però sfugge se questi prova ad avvicinarsi.Una prassi sicuramente dettata dalle condizioni sociali di un epoca, quando le distanze tra uomini e donne dovevano essere sempre rispettate, nonostante ciò risulta al contempo una scena attuale. Di centrale importanza è il fazzoletto che la donna sventola in segno di elegante provocazione agli occhi dell’uomo, il quale però non può prenderlo se non con il consenso dell’amata. La danza di coppia è sostenuta dalla “ronda”, cerchio costituito da ballerini, musicisti e spettatori: il cerchio rappresenta la perfezione e quindi l’energia esterna che si riversa sulla coppia. Con i suoi misteri e i suoi rituali oggi la pizzica ha il diritto di essere riscoperta e conosciuta da tutti coloro che vogliono far fluire in se stessi l’energia e la forza che tale danza sa sprigionare. Danza tramandata informalmente per secoli, oggi studiata e codificata perché possa sopravvivere per sempre nella memoria e nella storia del nostro popolo.

Storia & Leggenda della pizzica

La pizzica, come ben sappiamo, nasce come musica terapeutica fatta suonare dagli uomini all’interno delle case (o nelle piazze) per liberare le “pizzicate” dal morso della taranta, termine salentino per indicare la tarantola, il ragno della famiglia Lycosidae, che aveva fama di pizzicare le donne sotto le vesti durante il periodo della mietitura. La musica da loro utilizzata aveva la funzione di far ballare le donne fino all’estremo, in modo da uccidere il ragno e liberare le fanciulle dal malessere provocato dal morso. Questa danza è poi stata indicata come “pizzica tarantata” proprio per indicare il tipo di danza e da cosa veniva provocata. Oggi rimane l’utilizzo di questo termine per indicarne la particolare danza provocata dalla tarantola, sebbene viene in realtà chiamata unicamente con il nome dell’animale che ne provoca il movimento.

I fatti narrano che le fanciulle morse dalla tarantola, cadevano in uno stato di possessione e tutto il paese si riuniva intorno a loro per aiutarle con un lungo rito di esorcizzazione. L’esorcismo collettivo veniva svolto all’interno della cappella della chiesa dedicata a San Paolo, a Galatina nel Salento, proprio durante la festa che celebra il santo della città. Alcune volte l’esorcismo iniziava in casa, dove i suonatori si riunivano per far danzare la pizzicata in modo da uccidere il ragno velenoso che l’aveva fatta ammalare.

La leggenda narra che al tempo della diffusione della parola di Gesù, i due discepoli, Pietro e Paolo, si erano recati in terra salentina. Il popolo dell’allora non ancora sorta Galatina accolsero con grande calore l’arrivo dei discepoli, e una donna offrì loro tutto ciò che aveva: cibo per potersi sfamare e un giaciglio sul quale poter dormire. San Paolo, toccato dalla gentilezza proferita dalla donna che si era dimostrata così generosa, volle ricambiare tanta cortesia e benedisse lei e la sua famiglia, concedendogli il potere di guarire tutti coloro che sarebbero stati morsi dagli animali velenosi presenti nelle loro terre. La famiglia della donna e tutti i loro discendenti sarebbero diventati immuni ai morsi velenosi, e avrebbero potuto aiutare coloro che invece ne cadevano vittime. Per far ciò consacrò l’acqua del pozzo che avrebbe dato un valido aiuto nell’annullare il potere malefico del veleno. Ad ogni modo, affinché ciò avvenisse, era necessario seguire un rito, memoria di antichi riti propiziatori, da eseguire con fedele precisione.

Sulla ferita del morso dell’animale si doveva tracciare il segno della croce, simbolo di benedizione cristiana, e il pizzicato doveva poi bere dell’acqua benedetta del pozzo presente all’interno della casa della donna, in modo da poter vomitare tutto il male con il suo veleno.

Intorno alla fonte del pozzo, in seguito, è stata costruita una cappella, oggi chiesa di San Paolo, dove le donne pizzicate venivano poi portate per l’esorcismo, che spesso durava giorni e giorni, finchè la donna, stanca e spossata, lasciava andare via il male grazie all’intercessione di San Paolo.

La tradizione vuole che una delle tante varianti della pizzica sia, principalmente, una danza di corteggiamento dove la donna, muovendo i passi e saltellando al ritmo dei tamburelli, si lascia corteggiare dall’uomo. Questi, avvolto dalla sensualità della danza, della musica e dagli sguardi di lei, lascia alla donna il potere della scelta. Ed ella, fedele alla sua storia ancestrale, gestisce le redini del fato e del destino amoroso, scegliendo il proprio partner e lasciandosi scegliere nuovamente da lui. Sarà proprio il fazzoletto rosso, rosso come il sangue e la passione, rosso come l’istinto incontrollato che, sventolato dalle mani di lei, sceglierà il partner. Questi accetterà la scelta della donna e si avvicinerà a lei, nel vortice di una danza erotica e sensuale, fatta di leggeri sfioramenti e sguardi erotici. Il fazzoletto rosso sarà, quindi, strumento di invito per l’uomo, scelto ad unirsi al suo sì. Questo rito del fazzoletto per la scelta del partner amoroso si ritrova ancora oggi non solo nel Salento, ma in tutta la regione e in alcune aree della Basilicata e della Campania. La tradizione fa risalire l’uso del fazzoletto a periodi molto antichi e lo vuole simbolo d’amore. Il rosso acceso della stoffa emerge tra i movimenti caldi della danza per disegnare vortici di corteggiamento e di amoreggiamenti, per esprimere la propria voce una volta che la donna ha scelto il suo uomo. Giunti a questo punto il fazzoletto diverrà simbolo dell’amore concesso al partner da parte della fanciulla, la quale dona quel fazzoletto, rosso come il suo cuore, a colui che l’ha conquistata.

Alcuni studiosi sostengono, oggi, che il fazzoletto non appartiene alla tradizione della danza, ma che sia stato aggiunto in seguito, a mo’ di ornamento. Le mani delle danzatrici si anellavano del rosso della sua stoffa per aggiungere colore alla coreografia di una danza già di per sé travolgente. Quale che sia la sua vera storia, il rosso di quel fazzoletto è di sicuro simbolo emblematico di un sentimento forte ed istintivo come l’amore e la passione di cui si fa vessillo.


Pino Zimba

Sono passati solo pochi mesi dalla scomparsa del grande maestro Pino Zimba, al secolo Giuseppi Migali. Musicista e strumentista di grandi doti e di profondo spessore, il tamburello di Zimba ha promosso la pizzica del Salento oltre i confini della terra dei Saltellini, diffondendola per tutto lo stivale e oltre, fino ai confini del mondo. Figlio di un pizzicato, ha suonato e ha fatto ballare i pizzicati, portando alto l’onore della pizzica tradizionale immolandola sull’altare dell’immortalità imponendo le mani con il suo tocco rinnovatore come un piccolo dio Mida.

Pur rimanendo radicato alla propria tradizione e alla propria musica e cultura, il suo tocco magistrale ha permesso alla Pizzica Salentina di evolversi musicalmente, mantenendo vive e sempre attuali le tradizioni che ne hanno permesso la nascita e la diffusione. Il ritmo e la sensualità delle danze di questo intramontabile genere musicale hanno abbandonato alle spalle le motivazioni antropologiche della sua nascita per incarnarsi, sangue e passione, in una realtà moderna e contemporanea che ha cambiato i colori, ma non i battiti e le aspirazioni. Se prima si ballava per esorcizzare le avversità e gli stenti, oggi i nuovi tamburelli, i flauti e gli organetti dei Zimbaria si orchestrano per annientare lo stress e l’alienazione di questa vita tecnologica, per riportarci alle nostre radici più ancestrali, là dove l’istinto non viene offuscato dalla ragione. Zimba, con il suo tamburello leccese dà il ritmo a palpiti, pensieri, passioni e voce ad una vita che ha cambiato gli abiti, ma che è rimasta immutata in forma e sostanza.

Come non ricordarlo nei film di Edoardo Winspeare: La Pizzicata (1997), Il Miracolo (2003) e il celeberrimo Sangue Vivo (2000) dove la vicenda si snoda fra le strade del Salento e il ritmo della pizzica.